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A partire dal 01/01/2020 l’iscrizione al VIES diventa condizione sostanziale per l'applicazione del regime di non imponibilità IVA, anziché un requisito formale.

Questo è quanto risulta dalla direttiva n. 1910/2018 (che ha modificato la direttiva n. 2006/112/UE).

Il dibattito sul carattere “sostanziale” o “formale” della mancata iscrizione al VIES era stato all’ordine del giorno fin dall’introduzione di tale l’obbligo.

Finalmente l’Agenzia delle Entrate (Videoforum del 23/01/2019) aveva chiarito che la mancata iscrizione del VIES costituiva esclusivamente una violazione di carattere formale. La questione dibattuta a livello comunitario vedeva la propria definizione nella sentenza della di Giustizia UE, relativa alla causa C-21/16, depositata il 9 febbraio 2017, nella quale si affermava che la mancata iscrizione al VIES del soggetto acquirente non escludeva l’applicazione del regime di esenzione IVA nell’ambito delle cessioni intracomunitarie. L’Agenzia delle Entrate non faceva altro che recepire quanto previsto dalla Sentenza.

Oggi le cose cambiano di nuovo.

La Direttiva del 2018 chiarisce che “l'inserimento nell'elenco VIES è essenziale per informare lo Stato membro di arrivo della presenza dei beni nel suo territorio ed è pertanto un elemento chiave nella lotta contro la frode nell'Unione. Per questo motivo gli Stati membri dovrebbero garantire che, qualora il cedente non rispetti i suoi obblighi di inserimento nell'elenco VIES, l'esenzione non si applichi, salvo quando il cedente agisce in buona fede (…)”.

A partire dal 01/01/2020, pertanto, chi opera con clienti/fornitori comunitari dovrà verificare sempre l’iscrizione dell’operatore al VIES. Se manca l’iscrizione l’operazione posta in essere non potrà considerarsi né “cessione intracomunitaria” (in caso di vendita), né “acquisto comunitario” (in caso di acquisto).

In caso di vendita la fattura sarà imponibile.

E in caso di acquisto? Cosa succede se l’operatore comunitario emette fattura non imponibile ad acquirente italiano non iscritto al VIES? Ovviamente l’acquirente italiano non può integrare la fattura con il meccanismo del reverse charge (Risoluzione N. 42/E 27 aprile 2012), ma non potrà nemmeno essere ritenuto responsabile dell’errore commesso dal cedente.

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