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Recentemente ci siamo imbattuti in alcuni casi di accertamento notificato ai soci, di società di capitale a ristretta base societaria e ci siamo resi conto che la difesa non è molto agevole.

Ecco alcuni spunti, su cui poter ragionare.

La presunzione semplice – violazione art. 2729 c.c. Violazione dell’art. 53 Costituzione, per tassazione di ricchezza solo presuntiva.

La presunzione di distribuzione degli utili è una presunzione semplice, e di conseguenza, in base a quanto stabilito dall’art. art. 38 c.3 del DPR 600/73, non può essere utilizzata per rettificare il reddito imponibile delle persone fisiche a meno che sia supportata da ulteriori elementi indiziari che la rendano grave, precisa e concordante.

La Cassazione civile Sez. V, nella sentenza (ud. 14-05-2009) del 17-06-2009, n. 14046 dichiara che: “(…) deve ritenersi apodittica ed apparente, e di conseguenza inficiata dal vizio di motivazione, la sentenza che legittima l'accertamento nei confronti del socio, affermando che i ricavi non contabilizzati della società, pur non provati documentalmente, siano da soli idonei a dimostrare il maggior reddito del socio in base alla logica, al buon senso e all'id quod plerumque accidit (…)”.

L’elemento “indiziario” della ristretta base sociale, pertanto, non ha i requisiti di precisione e gravità. Ne discende che l’avviso di accertamento – da notificarsi al socio - non si può basare semplicemente sulla ristretta base sociale, ma deve essere autonomamente motivato. Dovranno essere indicati, quindi, gli ulteriori elementi di fatti che consento di affermare la precisione, la gravità e la concordanza della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili. 

Dello stesso avviso è la giurisprudenza di merito. La Commissione Tributaria Provinciale Emilia-Romagna Reggio Emilia Sez. III, 22-04-2014, n. 186 (MASSIMA), ha sentenziato che “(…) la presunzione che, in una società a ristretta base partecipativa, il maggior reddito, eventualmente accertato in capo alla stessa, sia stato, automaticamente, "girato" ai soci, in percentuali esattamente proporzionali alle loro quote partecipative è una presunzione semplice, carente delle qualità di gravità, precisione e concordanza richieste dalla legge; pertanto il solo richiamo alla stessa non è sufficiente, a legittimare un tale tipo di accertamento; per legittimarlo la motivazione deve essere opportunamente integrata con altri elementi indiziari, concretamente rilevanti, quali il fatto che il socio accertato fosse il gestore di diritto o di fatto della società o che in capo allo stesso o alla società siano stati individuati movimenti finanziari non giustificati e documentati; l'agenzia non può, comunque, in base alla massima di esperienza che se una società ha realizzato "ricavi in nero", molto probabilmente, ha, anche, sopportato "costi in nero", equiparare tout court "i ricavi in nero" agli "utili in nero" (…)”.

Il diritto di difesa

L’interpretazione dell’Ufficio è di dubbia legittimità, anche sotto il profilo dei diritti di difesa del socio contribuente.

Innanzitutto, perché – come nel caso oggetto della presente analisi – ci troviamo di fronte ad un avviso di accertamento notificato alla società e dalla stessa impugnato, per il quale non è stata ancora fissata udienza di trattazione (e quindi ancora pendente). In altre parole, non risulta comprovata l’esistenza di maggior utile in capo alla società.

E’ vero che è consentito al socio di fornire la prova contraria che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti ma, ad esempio, accantonati o reinvestiti (Cass. 27 settembre 2016 n. 19013).

Tuttavia, in questo caso non è stata ancora dimostrata l’esistenza dei maggiori ricavi.

Non possiamo, inoltre, esimerci dal ricordare che secondo quanto previsto dall’art. 1 del TUIR il “presupposto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell'art. 6”. Il possesso, pertanto, deve essere effettivo non presunto. In relazione alla fattispecie in oggetto, inoltre, l’art. 44 del TUIR, prevede che “sono redditi di capitale: (…) e) gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all'imposta sul reddito delle società (…)”. In termini pratici, i dividendi distribuiti dalla società concorrono a determinare il reddito imponibile del socio soltanto se effettivamente percepiti. Non è, infatti, con la delibera di distribuzione, ma con l’effettivo versamento del dividendo che si determina il momento impositivo.

La presunzione della tassazione degli utili extra-bilancio (per il solo fatto dell’esiguità della compagine sociale), configura una situazione di dubbia legittimità, pertanto, anche sotto il profilo dei diritti di difesa del socio contribuente.

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