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La posizione del professionista

Secondo quanto disposto dall’articolo 20-bis TUIR “Ai fini della determinazione dei redditi di partecipazione compresi nelle somme attribuite o nei beni assegnati ai soci

o agli eredi, di cui all'articolo 17, comma 1, lettera l), si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 47, comma 7, indipendentemente dall'applicabilità della tassazione separata”.

L’Articolo 17, comma 1, lettera l) del TUIR prevede che “L’imposta si applica separatamente sui seguenti (…) redditi compresi nelle somme attribuite o nel valore normale dei beni assegnati ai soci delle società indicate nell'art. 5 nei casi di recesso, esclusione e riduzione del capitale o agli eredi in caso di morte del socio, e redditi imputati ai soci in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, delle società stesse, se il periodo di tempo intercorso tra la costituzione della società e la comunicazione del recesso o dell'esclusione, la deliberazione di riduzione del capitale, la morte del socio o l'inizio della liquidazione è superiore a 5 anni”.

L’articolo 47 del TUIR disciplina il regime di tassazione degli utili da partecipazione delle persone fisiche, non imprenditori e al comma 7, con riferimento alle operazioni di recesso, liquidazione, esclusione, riscatto e di riduzione del capitale esuberante stabilisce che “(…) le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci (…) costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate”.

Pertanto, indipendentemente dall’applicazione della tassazione separata, nelle associazioni professionali (equiparate ai sensi dell’art. 5 comma 3 alle società semplici) le somme assegnate agli associati in caso di recesso vengono considerate come reddito da partecipazione per la parte che eccede il prezzo pagato per il conferimento iniziale.

La Risoluzione 142 del 2008 – che trattava il caso di recesso di associato senza partita Iva – ha chiarito che “Il reddito prodotto dallo studio associato determinato in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 54, DPR n. 917 del 1986, viene attribuito ai singoli associati, indipendentemente dalla percezione effettiva, in forma di reddito di partecipazione (art. 5, DPR 917/1986)” (Risoluzione 142 del 2008).

La Circolare n. 6 del 13 febbraio 2006, al paragrafo 7.12, con riferimento all’art. 20-bis del TUIR ricorda che “(…) i redditi di partecipazione non costituiscono una autonoma categoria reddituale ma assumono la natura della categoria reddituale da cui traggono origine”. La Circolare, con riferimento alle società, considera tale reddito quale reddito d’impresa.

La categoria reddituale da cui traggono origine è individuata nel reddito di lavoro autonomo (cfr. Norma di comportamento AIDC n. 111/1991), non essendo prevista all’articolo 6 del TUIR la categoria dei redditi da partecipazione.

L’indennità percepita assume rilevanza reddituale per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle quote annullate, con relativa tassazione pro quota della stessa durante le annualità nelle quali verrà percepita (principio di cassa).

Nel caso in cui il professionista avesse conferito la propria clientela costituisce base fiscale di calcolo, risultando detassato, un importo corrispondente a quello percepito e tassato all’epoca dell’ingresso nello studio (risoluzione 177/E/2009).

L’agenzia delle entrate con la Risoluzione 64 del 25 febbraio 2008 evidenzia che:

“(…) l’importo corrisposto al socio in occasione del recesso risulta costituito da due componenti -la prima (afferente alla quota di patrimonio netto spettante al socio in proporzione alla quota di partecipazione detenuta) risulta costituita dal rimborso della quota di capitale sociale versato dal socio e dalla distribuzione delle riserve sia di utili che di capitale eventualmente esistenti;

-la seconda relativa, invece, al riconoscimento dell’eventuale maggior valore economico del complesso aziendale alla data dello scioglimento del rapporto sociale rispetto ai valori contabili del patrimonio e che costituisce la cosiddetta differenza da recesso”.

Come conseguenza del rimborso del valore nominale della partecipazione, la società procederà con l’annullamento della quota del socio e con la riduzione di eventuali riserve di utili e capitale. “Tali operazioni, di natura esclusivamente patrimoniale, non avranno alcuna rilevanza sulla determinazione del reddito imponibile della società”. Per quanto riguarda invece la quota corrisposta quale “differenza da recesso”, questa rappresenta “(…) un componente negativo rilevante ai fini della determinazione del reddito della società”.

Pertanto, l’associazione professionale potrà considerare gli importi corrisposti all’ex associato quali componenti negativi deducibili ai fini della determinazione del reddito prodotto dall’associazione medesima (cfr. C.M. 17 maggio 2000 n. 98, § 1.5.7).

La deduzione risulterebbe, poi, limitata alla sola parte afferente la “differenza da recesso” (ossia alla quota parte di indennizzo che non costituisce restituzione dell’apporto iniziale), dovendo avvenire pro quota nel corso delle annualità in base all’effettivo pagamento della stessa.

Applicazione della ritenuta ex art. 25 comma 1 del DPR 600/73 sulle somme corrisposte dallo studio all’ex associato.

L’AIDC, sempre nella norma di comportamento 111/1991, ritiene che l’indennità di recesso (anche se qualificata come reddito di lavoro autonomo) non possa essere considerata alla stregua di un compenso da assoggettare a ritenuta. L’indennità, infatti, deriva dall’adempimento di un obbligo nascente dal rapporto associativo. L’orientamento dell’AIDC tuttavia non ha ancora trovato un riscontro conforme con quanto indicato dalla prassi. La Risoluzione Ministeriale n. 127 del 24 maggio 1995 si riferisce alle ritenute prevedendo che l’associato che recede non può scomputarle dalla somma attribuitagli. Non è chiaro però se si stia parlando di ritenute sulla quota liquidata a titolo di ricesso o delle ritenute relative ai compensi incassati dall’associazione.

Nel dubbio, considerata anche la portata dell’art. 25 comma 1 del DPR 600/73 e la qualifica dell’indennità di recesso quale reddito di lavoro autonomo, si potrebbe procedere con l’applicazione di una ritenuta.

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