I versamenti in conto futuro aumento di capitale possono essere restituiti qualora l’aumento non sia operato
- Scritto da Dott.ssa Anna Sgambaro
Con ordinanza 24093/2023 la Cassazione ritorna sul tema dei versamenti in conto futuro aumento di capitali.
Tra i precedenti si ricorda la sentenza della Cassazione n. 29325 del 22 dicembre 2020, nella quale veniva specificato che ci sono diverse “(…) modalità di dazione di denaro da parte del socio alla società, ciascuna munita di una propria causa concreta, onde dalla relativa qualificazione discendono conseguenze eterogenee rilevanti ed il giudice del merito deve verificarne la natura, attraverso un’analisi volta ad individuare la causa del negozio intervenuto fra socio e società”. La Corte di Cassazione ha individuato “(…) le diverse figure in cui la “dazione” del socio (…) va inquadrata, vale a dire: a) i conferimenti; b) i finanziamenti dei soci; c) i versamenti a fondo perduto o in conto capitale; d) i versamenti finalizzati ad un futuro aumento del capitale”.
Nello specifico i versamenti a fondo perduto o in conto capitale non hanno la “(…) natura del mutuo, in quanto non ne è pattuito il diritto al rimborso (…)”. Tali versamenti “(…) vanno iscritti nel passivo dello stato patrimoniale tra le riserve, che l’assemblea può discrezionalmente utilizzare, con le ordinarie modalità, per ripianare le perdite o per aumentare gratuitamente il capitale, imputandole a ciascun socio proporzionalmente alla partecipazione al capitale sociale (senza che occorra obbligatoriamente tener conto del soggetto che abbia operato il versamento, proprio in ragione dell’inesistenza vuoi di un credito alla restituzione delle somme, vuoi di una anticipata dazione a titolo di conferimento)”.
Invece, i versamenti finalizzati ad un futuro aumento del capitale sono destinati “(…) a liberare il debito da sottoscrizione di un futuro aumento del capitale sociale mediante successiva rinuncia, che il socio porrà in essere dopo la deliberazione assembleare di aumento e la sua sottoscrizione”. La riserva che viene generata con questi versamenti è definita anche come “personalizzata” o “targata”. Infatti è di “(…) esclusiva pertinenza dei soci che abbiano effettuato il versamento (…)”. Tale riserva è disponibile (per la quota che eccede la riserva legale), ma la sua distribuzione non è diritto soggettivo del socio. Se l’aumento del capitale non viene effettuato allora il socio potrà ottenere la restituzione di quanto versato. Non si tratta di restituzione di somma data a mutuo ma di rimborso per il venir meno della causa che ne ha giustificato l’attribuzione.
Affinché il versamento del socio sia qualificabile in questa ultima categoria è necessario “(…) che la subordinazione ad un aumento di capitale sia chiara ed inequivoca, mediante l’indicazione ex ante di elementi sufficientemente specifici e dettagliati, i quali inducano a ritenere effettivamente convenuta tra i soci l’effettuazione non di un versamento tout court a favore delle casse sociali, ma di un versamento avente titolo e causa concreta proprio nella partecipazione al capitale sociale mediante un futuro conferimento (…) sia (…) sin dall’inizio volto, secondo la complessiva operazione programmata dai soci, ad aumentare la rispettiva quota di partecipazione sociale, in termini assoluti”.
Non è sufficiente denominare “(…) nei documenti societari e contabili (…)” il versamento come eseguito “in conto futuro aumento del capitale sociale”, se lo stesso non è “(…) nel contempo, accompagnato da quegli indici di dettaglio (ad es., il termine finale entro cui verrà deliberato l’aumento, ma anche altre caratteristiche dello stesso), che soli qualificano la dazione come da ricondurre alla categoria in esame”.
La recente sentenza della Cassazione, tornano per l’appunto su tale tematica afferma che i versamenti in conto futuro aumento di capitali sono erogazioni in denaro non acquisiti in modo definitivo nel patrimonio della società, visto che hanno un vincolo di destinazione. Se tale vincolo viene meno, poiché la causa della loro attribuzione cessa di esistere, allora il socio potrà ottenerne la restituzione. Deve ovviamente essere verificata la volontà delle parti di destinare il versamento all’aumento futuro del capitale considerando tutte le circostanze. Ad esempio risulta rilevante il contenuto della nota integrativa (non è sufficiente la mera denominazione della riserva), l’indicazione di un termine entro il quale verrà fatto l’aumento, il contenuto dello statuto e i comportamenti delle parti. Deve risultare in modo chiaro e inequivocabile la volontà di destinare il versamento a futuro aumento del capitale.