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Secondo quanto presupposto dall’art. 44 TUIR, secondo comma lettera a) : “ai fini delle imposte sui redditi: (…) i titoli e gli strumenti finanziari (…) emessi da società ed enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), si considerano similari alle azioni a condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza del soggetto emittente; a tale fine l'indeducibilità deve risultare da una dichiarazione dell'emittente stesso o da altri elementi certi e precisi”.

L’articolo 73 (che individua i soggetti passivi IRES), comma 1 lettera d) del TUIR prende in considerazione “(…) le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato”.

I dividendi sono soggetti a tassazione quando percepiti (principio di cassa).

I dividendi di provenienza estera, se percepiti da persone fisiche che non svolgono l’attività d’impresa, sono soggetti:

- a ritenuta a titolo d’imposta del 26% sul provento netto frontiera (ovvero l’importo dei dividendi al netto delle ritenute che ha applicato lo Stato estero), ritenuta (c.d. ritenuta in entrata) che viene applicata dall’intermediario residente (riferimento art. 27 e 27-bis DPR 600/73);

- ritenuta a titolo d’imposta del 26% sull’importo lordo frontiera, mediante compilazione del quadro RM (art. 18 TUIR).

L’art. 18 TUIR non parla del valore “netto frontiera”, tuttavia, la Circolare 9/E del 5 marzo 2015, chiarisce che “(…) i redditi di capitale  corrisposti da soggetti non residenti e percepiti direttamente all’estero senza l’intervento di un sostituto d’imposta sono soggetti, a cura del contribuente, in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi, ad imposizione sostitutiva nella stessa misura delle ritenute a titolo d’imposta che sarebbero applicate se tali redditi fossero corrisposti da sostituti d’imposta o intermediari italiani”.

I dividendi di provenienza estera (reddito di capitale), se percepiti da persone fisiche che svolgono l’attività d’impresa o da società di persone, concorrono alla formazione del reddito imponibile:

- nella misura del 49,72% del loro ammontare, se si riferiscono ad utili formati a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e fino al 31 dicembre 2016;

- nella misura del 58,14% del loro ammontare, se si riferiscono ad utili formati a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.

I dividendi di provenienza estera (reddito d’impresa), se percepiti da soggetti passivi IRES non concorrono alla formazione del reddito imponibile per il 95% (riferimento art. 89 del TUIR).

Dividendi di società estera “in regime di trasparenza fiscale” percepiti da società italiana.

Secondo quanto disposto dall’art. 165 TUIR, comma 1, “se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammesse in diminuzione".

Nel caso in oggetto ci troviamo di fronte a questa situazione:

- esiste uno sfasamento temporale tra il momento in cui il reddito viene tassato all’estero e il momento dell’effettiva distribuzione;

- gli utili imputati per trasparenza alla società italiana sono pienamente tassati all’estero;

- al momento dell’effettiva distribuzione i dividendi sono tassati in Italia.

Come ricorda la circolare 9 del 5 marzo 2015 “nell’ordinamento interno la società in questione non è considerata trasparente in quanto viene ricompresa tra i soggetti IRES (articolo 73, comma 1, lettera d), del TUIR) con la conseguenza che il reddito che il residente italiano ritrae dalla partecipazione in detta società assume rilevanza, ai fini fiscali, solo al momento della distribuzione. Tale reddito viene tassato in Italia come reddito di capitale oppure concorre alla formazione del reddito d’impresa se percepito da un soggetto IRES o da un soggetto IRPEF in regime di impresa. In ogni caso la tassazione avviene in ossequio al principio di cassa”.

Il regime fiscale dei dividendi “(…) presuppone che i medesimi siano costituiti da utili che hanno già subito un’imposizione in capo alla società estera che li ha realizzati e che, pertanto, rappresentano una grandezza netta (vale a dire, al netto delle imposte pagate all’estero)”.

Invece, “(…) gli utili distribuiti da entità estere trasparenti costituiscono una grandezza lorda, perché, in questo caso, il soggetto che distribuisce non ha pagato alcuna imposta sull’utile prodotto, in quanto tale utile è tassato direttamente in capo al socio”.

Considerato che nel nostro ordinamento sia “(…) gli utili derivanti dalla partecipazioni in enti esteri opachi (…)” che quelli derivanti da soggetto esteri “(…) trasparenti sono (…) qualificati come dividendi (…)” non è possibile trattarli in modo differente, altrimenti si “(…) rischia di penalizzare la seconda tipologia di partecipazioni”.

Pertanto (in coerenza con quanto indicato dell’articolo 73, comma 1, lettera d) del TUIR) “(…) si ritiene che gli utili (…)” distribuiti dalle entità estere trasparenti “(…) debbano essere quantificati con modalità analoghe a quelle dei dividendi distribuiti da una società estera <> opaca”. “Conseguentemente, per effetto della predetta finzione di opacità, le imposte estere pagate dal socio residente sulla quota di utili a lui spettanti sono considerate come imposte pagate dalla società e saranno scomputate, ai fini della tassazione in Italia, dall’ammontare lordo al medesimo distribuito. Tale scomputo comporta che il dividendo tassato in Italia in capo al socio di un’entità estera trasparente sia costituito, al pari dei dividendi derivanti da partecipazioni in entità opache, da una grandezza netta, che tiene conto delle imposte pagate all’estero sugli utili oggetto di distribuzione”.

“In altri termini, se la società estera distribuisce l’utile dell’anno N, il dividendo rilevante fiscalmente in Italia in capo al socio è da quantificare al netto delle imposte pagate, in via definitiva, sul reddito che gli è stato imputato per trasparenza nella medesima annualità (anno N). Qualora non venga distribuito tutto il risultato dell’esercizio ed il dividendo rappresenti solo una quota dell’utile, le imposte devono essere ridotte, naturalmente, in proporzione all’utile effettivamente distribuito. La soluzione di qualificare come dividendo, ai fini fiscali, la quota di utile al netto delle imposte pagate all’estero dal socio implica la necessità che quest’ultimo dimostri quale sia l’annualità di formazione dell’utile percepito. In mancanza di un adeguato supporto documentale, si ritengono distribuiti al socio italiano, in via prioritaria, gli utili più recenti. Nell’ipotesi di ritenuta effettuata da un intermediario italiano che interviene nella riscossione del dividendo, il sostituto deve richiedere la documentazione attestante l’annualità di formazione dell’utile percepito e l’effettivo pagamento delle relative imposte estere”.

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