La deducibilità dei costi Black list nei limiti del valore normale. La prova dell’effettivo interesse economico per la deduzione eccedente
- Scritto da Dott.ssa Anna Sgambaro

L’articolo 22 nella bozza del Ddl di bilancio 2023 ripristina “(…) la disciplina fiscale relativa alla deducibilità dei cc.dd. costi black list, (…)
abrogata (…) a partir dal periodo d’imposta 2016, in base alla quale la rilevanza discale delle spese black list è ammessa, secondo le regole ordinarie di determinazione del reddito di impresa, nei limiti del corrispondente valore normale dei beni o dei servizi acquistati, determinato ai senso dell’articolo 9 del TUIR”. Se verrà confermata questa nuova disposizione nel testo definitivo della legge di bilancio, si avrà una modifica dell’articolo 110 TUIR, con l’aggiunta di nuovi commi.
La disciplina dei costi Black list in Italia
La normativa che disciplinava la deducibilità fiscale dei costi Black List era contenuta ai commi dal 10 al 12 bis dell’articolo 110 TUIR. Nello specifico non potevano essere dedotti dal reddito d’impresa le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni poste in essere con soggetti residenti in paesi diversi da quelli che dovevano essere individuati nella lista emanata con decreto ministeriale. Non essendoci questa lista, ci si riferiva ad una lista contenuta nel D.M. 23 gennaio 2002.
Vi era tuttavia la possibilità, da parte del soggetto che sosteneva queste spese di dedurre le stesse se dimostrava in alternativa:
- che la società straniera svolgeva in modo prevalente un’attività commerciale (prima esimente);
- che vi era un effettivo interesse economico nello svolgere l’operazione e che le stesse erano state concretamente eseguite (seconda esimente).
Nella compilazione della dichiarazione dei redditi si prevedeva un apposito rigo dove indicare il valore complessivo dei costi sostenuti verso paesi Black list (come variazione in aumento) e un rigo dove indicare la parte deducibile degli stessi (come variazione in diminuzione).
A partire dal periodo d’imposta 2015, invece, veniva consentita la deducibilità delle spese nel limite del valore normale. Il comma 11 dell’articolo 110 del TUIR nella nuova formulazione stabiliva che: “Le disposizioni di cui al comma 10 non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscano la prova che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione”. Viene, quindi confermata soltanto la seconda esimente. Pertanto, l’eventuale prova che doveva essere fornita dall’imprenditore consisteva soltanto nell’esistenza di un effettivo interesse economico ed era destinata a dedurre la parte eccedente il valore nominale.
L’articolo 142 della L. 208/2015, con effetto dal periodo d’imposta 2016, aveva abrogato i commi dal 10 al 12-bis dell’articolo 110 TUIR, determinando la completa deducibilità dei costi Black list e quindi anche il venir meno delle liste.
L’interesse economico
Riportiamo di seguito alcune osservazioni in merito alla dimostrazione dell’interesse economico, che potrebbero essere utili qualora l’articolo 22 della bozza divenisse testo definitivo.
La circolare 39/E del 2016 – che si riferisce alla normativa in vigore dal 2015 – stabilisce che “con riguardo alla sussistenza dell’esimente relativa all’effettivo interesse economico, si precisa che (…) la valutazione in oggetto va effettuata tenendo conto di tutti gli elementi e le circostanze che caratterizzano il caso concreto, attribuendo rilevanza alle condizioni complessive dell’operazione”.
La circolare 1/E del 26 gennaio 2009 “in ordine alla seconda esimente (…) si <<dovrà … acquisire e conservare tutti i documenti utili per poter risalire alla logica economica sottesa alla scelta di instaurare rapporti commerciali con un fornitore residente in un Paese a fiscalità privilegiata. È utile sottolineare come tale scelta imprenditoriale deve essere sorretta da una valida giustificazione di tipo economico a beneficio della specifica attività imprenditoriale, connessa - in modo particolare - con l'entità del prezzo praticato, la qualità dei prodotti forniti e la tempistica e puntualità della consegna>>”.
La Circolare 51/E del 2010 tra gli elementi da considerare mette in evidenza:
“- il prezzo della transazione;
- la presenza di costi accessori, quali, ad esempio, quelli di stoccaggio, magazzino;
- le modalità di attuazione dell’operazione (ad esempio, i tempi di consegna);
- la possibilità di acquisire il medesimo prodotto presso altri fornitori;
- l’esistenza di vincoli organizzativi/commerciali/produttivi che inducono ad effettuare la transazione con il fornitore black list o, comunque, che renderebbero eccessivamente onerosa la medesima transazione con altro fornitore”.
Infine, “riguardo all’esistenza di vincoli contrattuali, organizzativi e simili, l’interesse economico all’effettuazione dell’operazione non può essere giustificato sulla base del mero obbligo contrattuale per il contribuente residente di avvalersi di un fornitore black list, magari appartenente al medesimo gruppo”.
Il prezzo della transazione
La Circolare 51/E del 2010 in merito al prezzo praticato dal fornitore black list “(…) ritiene (…) che la deducibilità dei costi in esame non possa essere disconosciuta sulla base della mera circostanza che il prezzo dei beni e servizi acquistati è superiore a quello mediamente praticato sul mercato. In altri termini, un prezzo apparentemente anomalo può essere giustificato dalla valutazione delle altre condizioni che regolano la transazione e, quindi, non pregiudicare la sussistenza dell’effettivo interesse economico all’operazione”.