La trasmissione del modello intra vendite diventa una condizione per poter considerare la cessione comunitaria non imponibile ex articolo 41 DL 331/93
- Scritto da Dott.ssa Anna Sgambaro
Il trenta novembre 2021 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. 192/2021, con il quale viene recepita la Direttiva 1910/2018. La Direttiva introduce diverse novità in materia di scambi intracomunitari. Tali novità entrano in vigore dal 1 dicembre 2021.
Le condizioni perché un operazione si consideri esente
La riformulazione dell’articolo 138 della Direttiva comunitaria, determina l’introduzione di ulteriore condizione per poter considerare un operazione come comunitaria e quindi esentarla dall’applicazione dell’Iva nel paese di partenza. Com’è noto una operazione di cessione si considera comunitaria se valgono queste condizioni:
- “i beni sono ceduti a un altro soggetto (…) che agisce (..) in uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha inizio (…)”;
- il cessionario “(…) è identificato ai fini dell’Iva in uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha inizio";
- il cessionario ha comunicato al cedente il “(…) numero di identificazione IVA”.
La novità consiste nella presenza di una ulteriore condizione: il cedente deve rispettare l’obbligo di presentare “(…) un elenco riepilogativo”. Pertanto se l’elenco riepilogativo non è presentato o “(…) non riporti le informazioni corrette (…)”, l’operazione non può considerarsi esente. Unica esimente la possibilità di giustificare “(…) debitamente (…) la sua mancanza secondo modalità ritenute soddisfacenti dalle autorità competenti”.
Gli elenchi riepilogativi
Gli elenchi riepilogativi a cui rinvia l’articolo 138 sono quelli descritti all’articolo 262 e 263 sempre della Direttiva Comunitaria. L’articolo 262 è stato sostituito dalla Direttiva 1910/2018 prevedendo che il soggetto passivo identificato ai fini dell'IVA “(…) deposita un elenco riepilogativo contenente (…)” l’acquirente identificato ai fini dell’IVA a cui ha ceduto dei beni o prestato dei servizi, il numero di identificazione IVA e il totale dell’operazione.
Tale elenco deve essere messo a disposizione delle autorità fiscali che, mediante l’archivio Vies, condividono tra di loro queste informazioni (ovvero incrociano i dati degli acquirenti). La presentazione dell’elenco da parte del cedente permette alle autorità competenti di verificare chi sia l’acquirente che acquista senza l’applicazione dell’imposta e l’importo di tale acquisto. In mancanza di tale comunicazione il paese comunitario del cessionario (nell’ambito di casi di frode) perde il gettito fiscale, pertanto, il legislatore comunitario ha previsto di evitare questo “danno” semplicemente prevedendo all’origine l’esclusione dell’esenzione. In questo modo, se l’elenco non viene presentato, l’iva applicata è quello dello stato di partenza della merce.
L’elenco riepilogativo previsto dalla Direttiva comunitaria non deve essere confuso con l’INTRASTAT che, a livello comunitario, ha soltanto una valenza statistica. In Italia il modello INTRA ingloba sia i dati previsti dall’elenco riepilogativo sia i dati statistici previsti per l’INTRASTAT comunitario.
La normativa italiana
Il recepimento della Direttiva 1910/2018 ha determinato l’inserimento di un nuovo comma all’articolo 41 del DL 331/93. Nello specifico il comma 2-ter prevede che “le cessioni di cui al comma 1, lettera a), e al comma 2, lettera c), costituiscono cessioni non imponibili a condizione che i cessionari abbiano comunicato il numero di identificazione agli stessi attribuito da un altro Stato membro e che il cedente abbia compilato l'elenco di cui all'articolo 50, comma 6, o abbia debitamente giustificato l'incompleta o mancata compilazione dello stesso.”
Gli errori
A questo punto ci sono alcuni dubbi da risolvere.
Secondo quanto previsto dalla direttiva gli elenchi riepilogativi devono essere corretti per permettere all’operazione di considerarsi esente. Tale considerazione – recepita dal legislatore italiano – si traduce nel concetto di “incompletezza”. Il modello INTRA deve essere completo per permettere la non imponibilità dell’operazione. Questo cosa significa? Gli elenchi riepilogativi – così come previsti dalla Direttiva Comunitaria - contengono solo poche informazioni (acquirente, VAT e importo), mentre il modello INTRA Italiano contiene ulteriori dati. A questo punto ci si chiede se un errore relativo al dato statistico (nomenclatura combinata, unità supplementare, ecc.) possa rappresentare un pretesto per un accertamento da parte delle autorità. Un verifica di questo tenore sarà comunque facilmente “smontabile” visto che i dati statistici non sono rilevanti per l’individuazione dell’acquirente.
E per quanto riguarda l’esimente? Come si traduce la possibilità di giustificare “(…) debitamente (…) la sua mancanza secondo modalità ritenute soddisfacenti dalle autorità competenti”?
Nonostante non esista ancora un chiarimento, si deve considerare che secondo le linee guida della Commissione Europea si considerano errori giustificabili:
- l’inserimento dell’operazione in un mese successivo;
- l’errore non volontario sul quantum della cessione;
- l’utilizzo del vecchio codice identificativo, nel frattempo cambiato per effetto di operazioni straordinarie.
Si ritiene, inoltre, che correggere un modello Intra errato o trasmettere un modello Intra omesso, sussistendo la possibilità di farlo pagando una sanzione, dovrebbe preservarci da eventuali contestazioni. Si attendono, comunque chiarimenti in merito.