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Il 15 giugno 2021 era stata pubblicata una interrogazione parlamentare volta ad ottenere chiarimenti in merito alle verifiche poste in essere dall’Agenzia delle Entrate sul credito d’imposta per attività di ricerca & sviluppo.

I punti da chiarire erano come dovesse essere qualificato, ai fini sanzionatori, l’utilizzo indebito del credito e se vi fosse l’obbligo da parte dell’Agenzia di acquisire il parere specifico del MISE.

Le risposte del Governo

La competenza in materia di verifica del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo spetta:

- per “l’ammissibilità delle attività, la pertinenza e la congruità delle spese (…)” al MISE;

- per i “(…) controlli sostanziali e documentali (…)” all’Agenzia delle Entrate.

Pertanto, nel caso in cui “(…) si rendano necessarie «valutazioni di carattere tecnico» all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, l’Agenzia delle entrate, ai sensi del comma 2 dell’articolo 8 del decreto interministeriale del 27 maggio 2015, può avvalersi del supporto del Ministero dello sviluppo economico per ricevere pareri tecnici in merito alla qualificazione delle attività svolte dall’impresa nonché´ sulla pertinenza e sulla congruità delle spese sostenute”.

Dello stesso tenore la circolare n. 5/E del 16 marzo 2016, nella quale era stato chiarito che “(…) ai fini della corretta fruizione del credito di imposta, l’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’attività di controllo, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché´ l’ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta. Nel caso in cui si rendano necessarie "valutazioni di carattere tecnico" in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere".

La richiesta di parere pertanto è una facoltà che può essere esercitata soltanto nei casi “(…) in cui sussista incertezza circa la qualificazione come attività di ricerca e sviluppo delle attività considerate eleggibili al credito d’imposta in esame da parte dei contribuenti”.

Non è necessaria, invece, la verifica da parte del MISE qualora il controllo sia limitato “(…) alla verifica della sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio”. E’ in ogni caso opportuno “(…) attivare la suddetta richiesta nelle situazioni caratterizzate da un grado di tecnicismo elevato o dalla assoluta novità della questione riscontrata (…)” (Circolare 31/E del 2020).

Nel caso in cui, a seguito dei controlli, sia “(…) accertata l’indebita fruizione, anche parziale, del credito di imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste ovvero a causa dell’inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato l’importo fruito (…)” l’Agenzia applica le sanzioni di cui all’articolo 13, comma 5, del DL 471 del 1997. La sanzione, pertanto, va dal cento al duecento per cento della misura del credito stesso.

In altre parole, l’indebito utilizzo del credito d’imposta si qualifica come utilizzo “(…) in compensazione di un credito di imposta inesistente (…)”.

Per tale sanzione può essere applicata la disciplina del ravvedimento operoso. Non si applica, invece, la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del DL 472 del 1997. Nella risposta all’interrogazione parlamentare si legge anche che “con riguardo ai profili sanzionatori della disciplina del credito d’imposta, in molti interventi di risposta, nei casi in particolare in cui la fattispecie non presentasse specifiche criticità di tipo documentale e la questione attenesse essenzialmente alla verifica dei contenuti di novità e originalità delle attività svolte, il MISE ha segnalato alla competente Direzione provinciale l’opportunità di valutare l’applicabilità dell’esimente delle obiettive condizioni di incertezza”.

Il MISE, pertanto, ha posto l’accento sulla “non colpevolezza” dell’impresa, qualora la verifica dei criteri di identificazione delle attività di R & S (come novità, creatività, ecc…) fosse critica. In questo caso, l’utilizzo indebito del credito difficilmente può qualificarsi come utilizzo di credito inesistente.

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