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Il codice civile, all’art. 1129, prevede che “quando i condomini sono più di otto, se l'assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall'autorità giudiziaria (…)”.

Pertanto, per tutti gli edifici composti da un numero di unità immobiliari non superiori a otto non scatta l’obbligo di nominare l’amministratore condominiale. Tali edifici, tuttavia, si considerano comunque condomini “di fatto”, al verificarsi di certe condizioni. In particolare, la Giurisprudenza (Cassazione civ., S.U. n. 2046 del 30 gennaio 2006, n. 9280 del 16 aprile 2018) ritiene “il regime del condominio negli edifici - inteso come diritto e come organizzazione - si istaura per legge nel fabbricato, nel quale esistono più piani o porzioni di piano, che appartengono in proprietà esclusiva a persone diverse, ai quali dalla relazione di accessorietà è legato un certo numero di cose, impianti e servizi comuni. Il condominio si costituisce (ex lege) non appena, per qualsivoglia fatto traslativo, i piani o le porzioni di piano del fabbricato vengono ad appartenere a soggetti differenti".

La misura “minima” per essere condominio, pertanto si verifica quanto in un edificio vi sono due unità immobiliari possedute da due diversi soggetti. In questo caso si parla di “condominio minimo”, che si costituisce automaticamente senza la necessità di delibere assembleari e di nominare un amministratore. Queste regole, ovviamente, valgono per tutti gli edifici composti da un numero di unità immobiliari non superiori a otto.

Quali sono le regole del condominio minimo/piccolo

1) La nomina dell’amministratore condominiale è una scelta e non un obbligo;

2) le spese e/o rimborsi devono essere ripartire secondo i millesimi, nell’ambito degli interventi sulle parti comuni;

3) deve esserci un organizzazione interna;

4) non v’è l’obbligo di un regolamento interno.

Come gestire gli interventi che danno diritto al superbonus

L’agenzia delle Entrate nella circolare 24/E del 2020 ha parlato di “condominio minimo” riassumendo quanto fin qui esposto e ricordando che “al fine di beneficiare del Superbonus per i lavori realizzati sulle parti comuni, i condomìni che, non avendone l'obbligo, non abbiano nominato un amministratore non sono tenuti a richiedere il codice fiscale”.

Come si procede per pagare le spese e per poi ripartirle tra i proprietari? L’agenzia specifica che “(…) ai fini della fruizione del beneficio, può essere utilizzato il codice fiscale del condomino che ha effettuato i connessi adempimenti. Il contribuente è comunque tenuto a dimostrare che gli interventi sono stati effettuati su parti comuni dell'edificio”. Da un punto di vista pratico – considerato che i clienti vogliono procedere con la cessione del credito – uno dei primi problemi che si pone è quello della raccolta dei preventivi. I preventivi, infatti, verranno richiesti dalla banca prescelta sia per procedere con un eventuale finanziamento ponte e sia – in ogni caso – per attivare una pratica di cessione del credito. In questo caso nei preliminari sarà bene indicare chi sia il condomino che è stato incaricato di sostenere e gestire le spese, poi da ripartirsi tra gli altri condomini. Le spese vanno ripartite in base ai millesimali.

Tale considerazione emerge chiaramente anche nella comunicazione di cessione del credito dove, nella sezione dedicata al condominio viene previsto uno specifico campo dedicato al “condominio minimo” e la possibilità di indicare – in luogo al codice fiscale del condominio – il codice fiscale del condomino incaricato. Si ricorda in particolare che “nella sezione <condominio> deve essere indicato il codice fiscale del condominio. L’indicazione del codice fiscale del condominio non è obbligatoria nel caso di condominio minimo. Nel campo “Condominio minimo” va indicato il codice 1 nel caso di condominio minimo con amministratore di condominio e il codice 2 nel caso di condominio minimo senza amministratore di condominio. Devono essere indicati, inoltre, il codice fiscale dell’amministratore di condominio o del condomino incaricato (nel caso di condominio minimo senza amministratore di condominio), la relativa firma ed eventualmente anche un indirizzo di posta elettronica”.

Sarebbe inoltre opportuno, anche se non obbligatorio, redigere un verbale in cui le parti interessate incaricano il condominio a sostenere i costi e a "gestire" la pratica, oltre che le modalità di riparto della spesa.

Le parti comuni

Secondo quanto disposto dall’articolo 1117 del codice civile sono parti comuni:

“1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;

2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune;

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche”.

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