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Caso

Un fornitore riceve dall’Agenzia delle Entrate un PVC nel quale si contesta l’emissione di fatture ex art. 8 lettera c) del DPR 633/72 nei confronti di soggetto che si è qualificato – erroneamente – come esportatore abituale.

A seguito di accertamento con adesione il fornitore definisce la posizione con il Fisco e esercita nei confronti del cliente il diritto di rivalsa ex art. 60, comma 7, del DPR 633/72. La norma prevede, infatti che “(…) il contribuente ha diritto di rivalersi dell'imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi (…)”. Il fornitore non ottiene alcuna risposta dal cliente che nel frattempo fallisce. Nel conto della gestione del fallimento risulta che il curatore “(…) non (…)” ha “(…) potuto eseguire alcun atto di liquidazione <>". Il fornitore ritiene di poter emettere nota di variazione “(…) in diminuzione ex articolo 26, comma 2, del decreto IVA, prevista nell'ipotesi di procedura concorsuale rivelatasi infruttuosa (…)” esercitando “(…) conseguentemente (…) il diritto alla detrazione dell'IVA addebitata in rivalsa e non incassata”.

La risposta dell’agenzia

L’agenzia delle entrate non condivide la soluzione proposta dalla parte.

Innanzitutto, l’articolo 60, comma 7, del DPR 633/72 “(…) è volto a ripristinare la neutralità garantita dal meccanismo della rivalsa (esercitabile dal fornitore soggetto passivo a condizione che il medesimo abbia definitivamente corrisposto le somme dovute all'erario a titolo di imposta, interessi e sanzioni) e dal diritto di detrazione (esercitabile dal cliente soggetto passivo a condizione che il medesimo abbia corrisposto quanto addebitatogli a titolo di rivalsa), consentendo il normale funzionamento dell'imposta, la quale deve, per sua natura, colpire i consumatori finali e non gli operatori economici”.

Si ricorda che con la Circolare 35 del 2013 l’Agenzia delle Entrate aveva chiarito le modalità operative per esercitare il diritto di rivalsa.

Il fornitore (o cedente) deve:

- definire l'accertamento e pagare l'imposta o la maggiore imposta, le sanzioni e gli interessi (nel caso di pagamento rateale il diritto di rivalsa può essere esercitato in relazione al pagamento delle singole rate). La rivalsa non può essere esercitata nel caso si somme versate su accertamenti pendenti;

- emettere una fattura (o una nota di variazione in aumento) indicando gli estremi dell’accertamento (che dà il diritto alla rivalsa) e della fattura originaria;

- annotare la fattura nel registro di cui all’art. 23 del DPR 633/72 “(…) solo per memoria, perché l’imposta recuperata a titolo di rivalsa non dovrà partecipare alla liquidazione periodica, né essere indicata in una posta a debito nella dichiarazione annuale”.

Il cliente (o cessionario) ha diritto alla detrazione (previo pagamento dell'IVA accertata addebitata in via di rivalsa) e procedere con “(…) l’annotazione del documento integrativo nel registro di cui all’articolo 25 del DPR n. 633 del 1972”. Il cessionario non ha l’obbligo di verificare l’avvenuto pagamento dell’Iva accertata in capo al cedente all’agenzia delle entrate.

Nella risposta fornita dall’Agenzia viene chiarito che questo tipo di rivalsa ha carattere facoltativo. Infatti, “(…) la rivalsa operata ai sensi dell'articolo 60 ha natura di istituto privatistico, inerendo non al rapporto tributario ma ai rapporti interni fra i contribuenti". Quindi, " (…) in caso di mancato pagamento dell'Iva da parte del cessionario o committente, l'unica possibilità consentita al fornitore per il recupero dell'Iva pagata all'Erario, addebitata in rivalsa e non incassata, è quella di adire l'ordinaria giurisdizione civilistica, non potendosi invocare altri istituti contemplati dalla disciplina Iva (nel caso specifico la nota di variazione in diminuzione ai sensi dell'articolo 26, commi 2 e 3, del decreto in materia IVA)" (risposta n. 531 del 2019).

L’effetto finale, tuttavia, è che il fornitore ha pagato l’iva – come da accertamento – ma non ha avuto la possibilità di “neutralizzarla”. Quindi, se nella procedura ordinaria a fronte di fattura con rivalsa iva, il cessionario paga l’iva al cedente e la porta in detrazione (neutralizzando l’effetto), anche nel caso di infruttuosità il fornitore dovrebbe poter neutralizzare l’Iva versata detraendola. 

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