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Con la Circolare n. 12 del 13 maggio 2020 l’Agenzia delle entrate fornisce “chiarimenti in merito alla prova delle cessioni intracomunitarie. Articolo 45-bis del Regolamento Ue n. 282 del 2011, introdotto dal Regolamento Ue n. 1912 del 2018”.

Nel testo della Circolare l’Agenzia ricorda che “(…) è stata introdotta una presunzione relativa circa l'avvenuto trasporto di beni in ambito comunitario (paragrafo 1, lettere a) e b), dell'articolo 45-bis del Regolamento IVA)”. Nello specifico ai sensi dell’art. 45-bis del Regolamento Ue n. 282/2011, “(…) si presume che i beni siano stati spediti o trasportati dal territorio di uno Stato membro verso una destinazione esterna al proprio territorio ma nella Comunità (…)” quando:

1) “il venditore certifica che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da un terzo per suo conto ed il venditore è in possesso di almeno due degli elementi di prova non contraddittori (…) rilasciati da (…) due diverse parti indipendenti l'una dall'altra, dal venditore e dall'acquirente (…) di cui al paragrafo 3, lettera a)”. Gli elementi consistono in documenti relativi al trasporto/spedizione, come il CMR firmato, la polizza di carico per trasporto via nave, la fattura di trasporto aereo e la fattura dello spedizioniere;

2) in alternativa, uno qualsiasi degli elementi di prova sopra citati può essere combinato con i “(…) singoli elementi di prova (…) di cui al paragrafo 3, lettera b) (…)”. Questi ulteriori elementi consistono nella polizza assicurativa della singola spedizione/trasporto, nei documenti bancari che provino il pagamento del trasporto/spedizione, in documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità e nella ricevuta di un deposito nello stato di destinazione che attesti l’arrivo della merce e il deposito.

In altre parole, servono due prove, o selezionate entrambe dal punto a), oppure una dal punto a) e una dal punto b).

L’agenzia “ritiene che la presunzione in esame possa essere riconosciuta anche in relazione alle operazioni realizzate ante 1° gennaio 2020 qualora il contribuente possieda un corredo documentale integralmente coincidente con le indicazioni della norma richiamata. In altri termini, anche precedentemente al 1° gennaio 2020, in presenza della documentazione di prova ritenuta idonea ai sensi dell'articolo 45-bis, la stessa deve essere ammessa (con forza di presunzione relativa) quale dimostrazione dell'avvenuto arrivo dei beni nell'altro Stato membro”. Invece, è “esclusa l'applicazione della presunzione che le merci siano state trasportate o spedite in altro Stato membro qualora il trasporto o la spedizione siano stati effettuati dal cedente o dal cessionario senza l'intervento di altri soggetti come, ad esempio, lo spedizioniere o il trasportatore (...)”. In questo caso, infatti non sarebbe possibile avere degli “(…) elementi di prova non contraddittori richiesti ai fini dell'applicazione della presunzione in commento (…)” mancando le “(…) due parti indipendenti tra loro (…)”, ovvero indipendenti “(…) dal venditore e dall'acquirente”.

Quando manca l’indipendenza?

“Il Comitato IVA ha chiarito che, ai fini della disciplina in esame, non è possibile considerare due parti come < quando le stesse facciano parte del medesimo soggetto giuridico (è il caso, ad esempio, di stabile organizzazione e casa madre) ovvero si tratti di soggetti legati da vincoli familiari o altri stretti legami personali, gestionali, associativi, proprietari, finanziari o giuridici quali definiti dagli Stati membri (es., amministratore delegato e società amministrata; società legate da rapporti di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del Codice civile)”.

Il Rapporto tra la presunzione e la prassi nazionale

“Le Autorità fiscali dei Paesi UE conservano comunque la facoltà di superare la presunzione dell'avvenuto trasporto o spedizione intracomunitaria (…)”. Questo si “(…) può verificare quando l'Amministrazione finanziaria viene in possesso di elementi che dimostrino che il trasporto intracomunitario non si è effettivamente realizzato (…)”. L’Agenzia evidenzia alcuni casi a titolo esemplificativo:

- “(…) il caso in cui nel corso di un controllo si riscontri che i beni sono ancora giacenti nel magazzino del venditore o il caso in cui si venga a conoscenza di un incidente durante il trasporto che ha comportato la distruzione dei beni. In tali circostanze, sussistendo le prove che il trasporto comunitario non è avvenuto, la non imponibilità dell'operazione di cui all'articolo 41 del D.L. n. 331 del 1993 non può essere riconosciuta”;

- il caso in cui “(…) l'Amministrazione finanziaria dimostri che uno o più tra i documenti obbligatoriamente richiesti ai fini della presunzione e forniti come mezzi di prova contengono informazioni non corrette o addirittura false (…)”.

In tutti i casi in cui l’operatore non sia in possesso della documentazione prevista dalla norma comunitaria, vale ovviamente “la possibilità di dimostrare con altri elementi oggettivi di prova che l'operazione sia realmente avvenuta”. Infatti, “così ricostruito il vigente quadro normativo comunitario, la scrivente ritiene che, allo stato, in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione di cui all'articolo 45-bis, possa continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell'entrata in vigore del medesimo articolo in tema di prova del trasporto intracomunitario dei beni. Resta inteso, ad ogni modo, che detta prassi nazionale individua documenti, la cui idoneità a provare l'avvenuto trasporto comunitario è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dell'amministrazione finanziaria”.

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