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Gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati soltanto a coprire perdite o debiti “(…) di natura determinata ed esistenza probabile (…)” – per quanto riguarda i rischi - o “(…) natura determinata ed esistenza certa (…)” per quanto riguarda gli oneri - dei quali tuttavia alla chiusura dell’esercizio risulta la “(…) data di sopravvenienza o ammontare indeterminati (…)”.

Come si classificano gli eventi futuri (OIC 31.11)

In ragione al grado di realizzazione e di accadimento, l’OIC 31 classifica gli eventi futuri come:

- “(…) probabili quando il loro accadimento è ritenuto più verosimile del contrario (…)”;

- possibili “(…) con grado di accadimento (…) inferiore al probabile (…)”, quando dipendono da una circostanza che può o meno verificarsi. “Si tratta dunque di eventi contraddistinti da una ridotta probabilità di realizzazione”

- remoti “(…) quando hanno scarsissime possibilità di verificarsi; ovvero, potranno accadere solo in situazioni eccezionali”.

Quando non si può stanziare un fondo rischi e oneri (OIC 31.27)

Tenuto conto delle caratteristiche citate, non è possibile stanziare il fondo rischi e oneri per:

“- rettificare i valori dell’attivo; - coprire rischi generici, in quanto non correlati a perdite o debiti con natura determinata e, pertanto, non riferibili a situazioni e condizioni che alla data del bilancio hanno originato una passività;

- effettuare accantonamenti per oneri o perdite derivanti da eventi avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio e relativi a situazioni che non erano in essere alla data di bilancio;

- rilevare passività potenziali ritenute probabili, ma il cui ammontare non può essere determinato se non in modo aleatorio ed arbitrario; conseguentemente, la relativa perdita, ancorché probabile, non è suscettibile di alcuna stima attendibile, neanche di un importo minimo o di un intervallo di valori;

- rilevare passività potenziali ritenute possibili o remote”.

Il principio OIC 31 prevede che, nonostante la passività sia probabile, il fondo rischi non va stanziato se l’onere non possa essere attendibilmente stimato se non in modo aleatorio e arbitrario. In questo caso andrà fornita in nota integrativa l’indicazione che l’evento è probabile e dovranno essere riportate ulteriori informazioni.

Il fondo di indennità suppletiva di clientela

La voce B1 “per trattamento di quiescenza e obblighi simili (…) accoglie i fondi previdenziali integrativi, diversi dal trattamento di fine rapporto ex articolo 2120 codice civile, nonché le indennità una tantum, quali ad esempio:

− fondi di indennità per cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

− fondi di indennità per cessazione di rapporti di agenzia, rappresentanza, ecc.;

− fondi di indennità suppletiva di clientela;

− fondi per premi di fedeltà riconosciuti ai dipendenti”.

Il fondo per indennità suppletiva di clientela è un fondo oneri la cui esistenza è certa, e rientra tra quei fondi che “(…) sono stimabili alla data di bilancio con ragionevole attendibilità”. Si tratta, infatti, dell’indennità che viene versata all’agente alla cessazione del rapporto, se tale cessazione non è dipesa ad un fatto ad esso imputabile.

Come calcolare il fondo

L’indennità suppletiva si calcola in base alle provvigioni che sono state pagate, applicando una percentuale che varia in ragione della durata del rapporto. In particolare le aliquote applicate sono le seguenti:

- il 3% per le provvigioni corrisposte nei primi tre anni di attività;

- il 3,5% per le provvigioni corrisposte dal quarto al sesto anno di attività;

- il 4% per le provvigioni corrisposte dal settimo anno di attività.   

Il calcolo dell’accantonamento a fondo, pertanto, può essere effettuato annualmente in base alle provvigioni pagate e alle percentuali indicate. Si potrebbe, in ogni caso, verificare – magari sulla base dei dati dei precedenti esercizi – se in passato non sia stata corrisposta l’indennità (perché non dovuta).

Trattamento fiscale dell’accantonamento

In merito al trattamento fiscale degli accantonamenti per indennità suppletiva di clientela, l’ultima pronuncia della Corte di Cassazione che - con la sentenza n. 20946 del 6 agosto 2019 – ribadisce la propria linea interpretativa introdotta già nel 2009. Nello specifico: “(…) la deducibilità fiscale degli accantonamenti per le indennità di fine rapporto prevista dal richiamato art. 70 trova applicazione anche all'indennità suppletiva di clientela spettante agli agenti, da ritenersi inclusa tra le <<indennità per la cessazione di rapporti di agenzia>>, cui fa riferimento il Testo unico n. 917 del 1986, art. 16, (ora art. 17), comma 1, lett. d), dovendosi ritenere che tale locuzione si riferisca a tutta la materia regolata dall'art. 1751 c.c., (cfr. Cass., ord., 24 luglio 2018, n. 19620; Cass. 17 dicembre 2014, n. 26534; Cass. 11 giugno 2009, n. 13506). Tale ultima disposizione, infatti, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 10 settembre 1991, n. 303, contiene, a decorrere dal 1 gennaio 1993, l'intera disciplina dell'indennità di fine rapporto dell'agente di commercio, essendo venuta meno ogni distinzione fra <<indennità di scioglimento del contratto>> (obbligatoria perchè di origine codicistica) ed "indennità suppletiva di clientela" (derivante dalla contrattazione collettiva e fruibile solo a determinate condizioni) e non potendosi escludere la deducibilità dei relativi accantonamenti in virtù del carattere aleatorio dell'indennità in parola. Si evidenzia, inoltre, che, a fronte della chiara lettera normativa e della conseguente unitarietà del trattamento di fine rapporto dell'agente di commercio, l'esclusione della deducibilità dell'accantonamento, fondata sul carattere aleatorio dell'indennità in parola, non sarebbe ragionevole, dal momento che anche i fondi di previdenza del personale, cui si riferisce l'art. 70, comma 1, e, in genere, tutti gli accantonamenti per rischi, cui si riferiscono gli articoli successivi, contemplano spese di carattere aleatorio senza che, per questo, se ne possa desumere, contra legem, l'indeducibilità”.

“L'estensione del diritto alla deduzione dell'accantonamento per tale indennità risulta coerente con l'interesse del legislatore di favorire il comportamento previdente del preponente e, al tempo stesso, tutelare l'agente, quale soggetto contrattualmente più debole e di uniformare in tema di reddito d'impresa, e specificamente di accantonamenti - i diversi criteri contabili imposti dalle norme civilistiche o specificamente stabiliti da quelle tributarie”.

Pertanto, secondo l’orientamento giurisprudenziale (condiviso anche dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 33/E/2013) sono deducibili per competenza gli accantonamenti effettuati dal 1° gennaio 1993.

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