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Il Regolamento d’esecuzione UE 2018/1912 del 4 dicembre 2018 ha modificato il Regolamento UE n. 282/2011, introducendo il nuovo articolo 45-bis in materia di elementi di prova, idonei a dimostrare che i beni sono stati trasferito in altro Stato membro della UE. Nessun chiarimento è stato fornito dall’Agenzia delle Entrate.

Si deve premettere che tali prove rappresentano una presunzione relativa. Queste presunzioni non “salvano” completamente l’operatore, che in ogni caso può essere soggetto ad una verifica da parte dell’Amministrazione Finanziaria che dovrà dimostrare che l’operazione comunitaria non sia stata effettuata (l’onere della prova passa in capo all’Agenzia delle Entrate).

Il cedente cura il trasporto/spedizione

Nello specifico, l’articolo citato, ricorda: “(…) si presume che i beni siano stati spediti o trasportati dal territorio di uno Stato membro verso una destinazione esterna al proprio territorio ma nella Comunità (…)” quando:

1) “il venditore certifica che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da un terzo per suo conto ed il venditore è in possesso di almeno due degli elementi di prova non contraddittori (…) rilasciati da (…) due diverse parti indipendenti l'una dall'altra, dal venditore e dall'acquirente (…) di cui al paragrafo 3, lettera a)”. Gli elementi consistono in documenti relativi al trasporto/spedizione, come il CMR firmato, la polizza di carico per trasporto via nave, la fattura di trasporto aereo e la fattura dello spedizioniere;

2) in alternativa, uno qualsiasi degli elementi di prova sopra citati può essere combinato con i “(…) singoli elementi di prova (…) di cui al paragrafo 3, lettera b) (…)”. Questi ulteriori elementi consistono nella polizza assicurativa della singola spedizione/trasporto, nei documenti bancari che provino il pagamento del trasporto/spedizione, in documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità e nella ricevuta di un deposito nello stato di destinazione che attesti l’arrivo della merce e il deposito. 

In altre parole, servono due prove, o selezionate entrambe dal punto a), oppure una dal punto a) e una dal punto b).

Tali prove non possono essere prodotte nel caso in cui il trasporto sia effettuato direttamente dal cedente o dal cessionario con mezzi propri.

Nel caso, più comune, in cui il trasporto viene eseguito da un vettore incaricato dal cessionario, raccogliere tali documenti è molto difficile e – in ogni caso – serve anche un’ulteriore dichiarazione (vedasi paragrafo successivo).

Nel caso in cui il trasporto venga eseguito da un vettore incaricato dal cedente la questione non è comunque agevole. Innanzitutto, in merito agli elementi di prova di cui al paragrafo 3, lettera a) – se escludiamo il trasporto via mare o via aerea – non si riesce ad ottenere due elementi di prova rilasciati da due distinti soggetti. Il primo documento che possiamo utilizzare è il CMR che viene firmato dal mittente, dal trasportatore e dal destinatario (o terzo incaricato per il ritiro). Si tratta di soggetti firmatari che non sono tutti indipendenti. Inoltre, se usiamo il CMR e la fattura dello spedizioniere, avremmo due documenti firmati dal medesimo soggetto.

Si deve, pertanto, necessariamente guardare ai documenti di cui al paragrafo 3, lettera b). Difficilmente viene contratta un assicurazione per ogni singolo carico, si tratta di solito di una assicurazione complessiva. Inoltre, è difficile che una “pubblica autorità” (come può essere un notaio) rilasci dei documenti ufficiali che attestino l’arrivo della merce nel luogo di destinazione.

Risulta chiaro come – nei casi più comuni – ottenere le prove e quindi usufruire di questa presunzione relativa sia molto difficile.

L’acquirente cura il trasporto/spedizione

Nel caso in cui l’acquirente curi il trasporto, viene richiesta un’ulteriore prova: “(…) una dichiarazione scritta dall'acquirente che certifica che i beni sono stati trasportati o spediti dall'acquirente, o da un terzo per conto dello stesso acquirente, e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni; tale dichiarazione scritta indica la data di rilascio; il nome e l'indirizzo dell'acquirente; la quantità e la natura dei beni; la data e il luogo di arrivo dei beni; nel caso di cessione di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo di trasporto; nonché l'identificazione della persona che accetta i beni per conto dell'acquirente (…)”.

Tale dichiarazione deve essere fornita entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione. Tale prova deve sempre essere “combinata” con due delle prove di cui al punto a) oppure due scelte tra il punto a) e il punto b) (come indicato nel paragrafo precedente).

In questo caso sarebbe meglio che la dichiarazione fosse predisposta come “modello” direttamente dal fornitore, lasciano all’acquirente la possibilità di compilare la data di arrivo, il luogo con rilascio di firma e timbro. Il Regolamento richiede molte altre indicazioni in questa dichiarazione che però difficilmente riusciremmo ad ottenere dal nostro cliente.

Cosa succede se non riusciamo ad avere queste prove?

Disporre o meno delle prove previste dal Regolamento non ci risolve la vita. E’ evidente che se otteniamo i documenti previsti dal Regolamento ma, in qualche modo, incappiamo in una frode comunitaria (questo ovviamente è solo un esempio), l’Agenzia delle Entrate verrà a bussare alla nostra porta. In questo caso saremmo comunque chiamati a difenderci utilizzando gli strumenti che fino ad ora avevamo a disposizione.

Quindi, sia che vi siano o che non vi siano i documenti richiesti dal Regolamento dobbiamo, in ogni caso, avere una procedura che sia in grado di dimostrare l’effettività dell’operazione.

Pertanto:

1) si deve dimostrate il requisito fisico del passaggio (con CMR ad esempio o altro documento utile);

2) si deve dimostrare di essere stati diligenti. In altre parole, come fornitori abbiamo fatto tutto quanto era possibile per verificare l’affidabilità del cliente verificandone ad esempio i dati anagrafici, la costituzione (si è costituito due giorni fa e ha sede presso un ufficio di consulenza), la sede (magari l’effettiva presenza di una sede operativa), se dispone di strumenti come sito internet, facebook (questo può esserci d’aiuto per capire se effettivamente esiste e opera);

3) abbiamo verificato l’iscrizione al VIES;

4) abbiamo delle prove documentali (fatture, pagamenti, INTRA compilato, ecc…).

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