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Dal 1 gennaio 2020 (cfr. articolo del 12 gennaio 2020 “Vies: requisito sostanziale dal 01/01/2020”), l’iscrizione al VIES diventa un requisito sostanziale.

“Diventa” è una parola chiave (utilizzata nella Direttiva comunitaria 1910/2018), che evidenzia come fino al 31/12/2019 tale obbligo non sussistesse (contrariamente a quanto, invece, affermato dall’Agenzia delle Entrate fino a gennaio 2019). Pertanto, in caso di contenzioso già in essere questa parola può essere molto utile.

L’obbligo è stato introdotto dall’art. 138 dalla Direttiva n. 1910/2018. Tuttavia, il legislatore italiano non è intervenuto ancora sulla materia e l’Agenzia delle Entrate ha fornito solo scarni chiarimenti in Telefisco.

Nello specifico, l’articolo citato, prevede che “gli stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati fuori dal loro rispettivo territorio (…)” a condizione che: 1) “I beni sono ceduti a soggetto passivo (…) che agisce in quanto tale in altro stato membro”; 2) “il soggetto passivo (…) è identificato ai fini dell’IVA in uno stato membro”; 3) “l’esenzione (…) non si applica qualora il cedente non abbia rispettato l’obbligo (…) di presentare un elenco riepilogativo (…) o l’elenco riepilogativo (…) non riporti le informazioni corrette (…) a meno che egli non possa debitamente giustificare la sua mancanza (…)”.

L’esenzione si legge come non imponibilità ex art. 41 del D.L. 331/1993 per quanto riguarda l’Italia.

Si deve sottolineare come la natura sostanziale di tale iscrizione riguardi soltanto le cessioni di beni. In altre parole, affinché un operazione di cessione si qualifichi come comunitaria e venga fatturata con il riferimento all’art. 41 del D.L. 331/1993, l’acquirente deve essere iscritto al VIES. Si noti bene che non viene richiesta l’iscrizione del cedente.

a) La verifica del VAT e il registro VIES 

Il fornitore italiano, pertanto, dovrà chiedere al proprio cliente (magari con una mail) il codice identificativo e verificare sul sito della comunità europea (http://ec.europa.eu/taxation_customs/vies/?locale=it) la sua iscrizione al VIES. Copia di tale verifica deve essere tenuta dall’operatore italiano (nella copia risulterà giorno e ora della verifica). E’ bene ricordare che la verifica andrebbe fatta sempre prima dell’emissione della fattura e ogni volta che si deve emetterne una. In merito alle modalità di comunicazione del codice identificativo, le note esplicative del 2019 lasciano la scelta agli operatori. In questo senso potrebbe essere utile la mail.

Può succedere che la partita iva (il VAT) sia cessata o vi siano delle modifiche. L’iva non si applica proprio in ragione delle dichiarazioni rilasciate dal cliente, pertanto, il cliente deve comunicare le modifiche. In questo caso per tutelare la propria posizione di cedente, nel contratto oppure nel corpo della fattura dovrebbe essere chiarito che eventuali modifiche anagrafiche devono essere comunicate, pena il risarcimento di eventuali danni subiti.

In alcuni stati membri la verifica non è agevole, poiché il codice identificativo non è abbinato ai dati anagrafici del soggetto passivo. Pertanto, dalla ricerca potrebbe emergere che il codice identificativo risulti iscritto al VIES, ma nessuna denominazione è abbinata. Tale problema, ad esempio si verifica con la Spagna e la Germania. Ma mentre per la Spagna il problema è superabile, poiché basta inserire nella ricerca i dati anagrafici e in questo modo si ottiene una verifica completa, altrettanto non si può dire per la Germania. La soluzione in questo caso potrebbe essere quella di recarsi all’Agenzia delle Entrate che – tramite l'Ufficio Centrale di Collegamento (C.L.O. Central Liaison Office) – può ottenere i dati mancanti. Tale soluzione risulta un po’ macchinosa sia per l’operatore che per gli Uffici dell’Agenzia non avvezzi a tali verifiche. Un’ alternativa pratica, che tuttavia non risolve la questione ma può essere una valida prova, è chiedere al cliente un documento formale come è la ricevuta di attribuzione del VAT o una qualche iscrizione agli uffici competenti (come in Italia la visura), da cui risulti l’abbinamento della denominazione al codice identificativo Iva.

Si rammenta che la Comunità europea ha sempre previsto l'obbligo dell'inserimento dei dati anagrafici nel registro VIES, anche se alcuni stati non lo fanno.

b) La compilazione del modello intra

La compilazione del modello intra è anch’essa requisito sostanziale per l’esenzione. Non possiamo però parlare di tale obbligo come presupposto, visto che è posto in essere successivamente alla realizzazione dell’operazione commerciale.

Nel caso in cui il modello intra non sia compilato correttamente, le note illustrative (Explanatory Notes del dicembre 2019 elaborate dal direttorato tasse della UE) ammettono degli errori scusabili:

- la competenza non corretta;

- il valore errato (ho scritto 111,00 euro invece che 110,00 euro);

- il VAT è stato cambiato dal cliente (magari per effetto di operazioni straordinari).

Si ricorda che l’iscrizione al VIES non è elemento sostanziale in caso di acquisto: in altre parole, se sono iscritto al VIES e acquisto da un tedesco che non è iscritto, in ogni caso riceverò fattura “esente” e potrò applicare l’art. 38 del D.L. 331/1993. In caso di prestazioni di servizio rese, l’iscrizione al VIES dell’acquirente non è requisito sostanziale, tuttavia, può essere utilizzata come valido strumento per provare l’esistenza della controparte e la realizzazione dell’operazione comunitaria.

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