Articoli

Il caso in oggetto concerne un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate ad una società a responsabilità limitata “(…) per Irpeg-Ilor del 1997, per Iva, Irpeg e Irap 1998 e per Iva, Irpeg e Irap 1999”. Tale accertamento derivava da indagini bancarie promosse nei confronti dei soci. Sui conti correnti dei soci vi erano accrediti e addebiti a fronte dei quali l’agenzia ricostruiva, con un accertamento presuntivo, maggiori ricavi da imputare in capo alla società.

I Giudici di primo grado accoglievano il ricorso, mentre in regionale la decisione veniva ribaltata in favore dell’ufficio. In appello, infatti, “(…) il giudice (…) ha ritenuto legittima l'estensione dell'accertamento anche ai conti correnti dei soci, tenendo conto solo della loro qualità di soci, senza tenere conto della sussistenza o meno di elementi presuntivi che facessero emergere la riferibilità alla società anche dei conti correnti dei soci”.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 33596 depositata il 18 dicembre 2019 dirime la questione: gli Uffici nell’accertamento del reddito societario possono utilizzare ai fini di prova anche i dati dei conti correnti dei soci. Tuttavia, per poterlo fare, devono sussistere degli elementi indiziari chiari ed evidenti che permettano di affermare la correlazione (o riferibilità) delle movimentazioni ad operazioni societarie. La Cassazione ripercorre nella sentenza il dibattito di cui è stata investita nel corso degli anni.

Nello specifico secondo quanto predisposto dall’art. 51, comma 2 n. 2 del DPR 633/72 e dall’art. 32 – derubricato “poteri degli uffici”, al punto 7, gli Uffici possono “(…)richiedere, previa autorizzazione (…) alle banche (…) dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi o dagli operatori finanziari sopra indicati e le generalità dei soggetti per i quali gli stessi operatori finanziari abbiano effettuato le suddette operazioni e servizi o con i quali abbiano intrattenuto rapporti di natura finanziaria (…)”.

In altre parole, è la stessa legge che ammette la possibilità di estendere il controllo ai conti correnti di terzi.

La sentenza oggetto del presente articolo riporta le varie pronunce, distinguendole in base alla tipologia di società coinvolta, concludendo infine con la cassazione della sentenza di secondo grado impugnata.

a) Le società di persone

Nella Sentenza n. 20449 del 6 ottobre 2011 la Cassazione “(…) ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, (…)” i conti correnti di terzi legati da “(…) rapporto familiare (…)”. In questo caso tale rapporto è "(…) sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al medesimo accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti (…)”.

In altre sentenze, invece, “(…) si è precisato che, (…) l'ufficio finanziario può legittimamente utilizzare (…) le risultanze di conti correnti bancari intestati ad uno dei soci, purché provi adeguatamente che quei determinati movimenti risultanti sul conto personale del socio siano in realtà riferibili ad operazioni poste in essere dalla società (Cass.Civ., 20 maggio 2011, n. 11145; anche Cass.Civ., 14 novembre 2003, n. 17243; Cass.Civ., 28 giugno 2001, n. 8826)”.

Mentre, nella sentenza n. 11145 del 20 maggio 2011, la Cassazione riteneva che l’art. 32 DPR 600/73 non trovasse applicazione “(…) con riguardo a conti bancari intestati esclusivamente a persone diverse, ancorché legate al contribuente da vincoli familiari o commerciali, salvo che l'ufficio opponga e poi provi in sede giudiziale che l'intestazione a terzi è fittizia o comunque è superata, in relazione alle circostanze del caso concreto, dalla sostanziale imputabilità al contribuente medesimo delle posizioni creditorie e debitorie annotate sui conti”.

Più recentemente, invece, con la sentenza 20118 del 30 luglio 2018 e n. 3628 del 10 febbraio 2017 “ la qualifica di soci determina un legame talmente stretto da realizzare una sostanziale identità di soggetti, tale da giustificare automaticamente, salvo prova contraria, l'utilizzazione dei dati raccolti. Una volta accertata, anche tramite presunzioni, la riferibilità dei conti correnti dei terzi alla società, operano, senza alcuna limitazione, i criteri, anche di natura presuntiva, stabiliti per tale modalità di accertamento”.

Quindi per le società di persone sarebbe sufficiente anche la dimostrazione – mediante presunzioni – da parte dell’Ufficio della riferibilità delle operazioni dei soci alla società.

b) Le società di capitali

In tema di società di capitali, invece la “(…) giurisprudenza (…) non reputa sufficiente, per acquisire i dati bancari relativi a terzi, estranei alla società, la sola sussistenza del rapporto familiare o della qualità di socio o di amministratore, ma impone che l'Agenzia delle entrate dimostri la sussistenza di indizi che facciano presumere la riconducibilità alla società delle somme transitate nei conti correnti personali (Cass.Civ., 12817/2018, in tema di s.r.l., per cui la Commissione regionale non ha tenuto conto del fondamentale elemento della sostanziale assenza di autonome fonti di reddito in capo a tre dei quattro soci; Cass.Civ., 14 novembre 2003, n. 17423 anche valorizzando la circolare ministeriale 22.4.1980 e la risoluzione ministeriale 4.6.1992, che indicano gli elementi presuntivi in lettere commerciali e ordinativi di commissione)”.

Inoltre, il controllo può essere esteso ai conti correnti dei soci soltanto “(…) quando l'ufficio abbia motivo di ritenere, in base agli elementi indiziari raccolti, che gli stessi siano stati utilizzati per occultare operazioni commerciali, ovvero per imbastire una vera e propria gestione extra-contabile, a scopo di evasione fiscale (…)” (Cass., 12 gennaio 2009, n. 374).

Tutto ciò premesso e considerato la Corte di Cassazione conclude che “Il giudice di appello, dunque, consentendo l'utilizzazione a fini probatori delle movimentazioni dei conti correnti dei soci, per accertare maggiori redditi societari, senza valutare la sussistenza di elementi indiziari che facessero emergere la riferibilità alla società dei conti dei soci, è incorsa in violazione di legge ed ha omesso di esaminare tale fatto decisivo”.

Hai delle domande?

Scrivici

CONDIVIDI