I crediti d’imposta per l’acquisto di beni strumentali (riferimento articolo 1 della L. 160/2019) dovrebbero essere contabilizzati come contributi in conto impianti.

Nell’OIC 16 – 88 vengono descritti due metodi di contabilizzazione, quello diretto e quello indiretto. In particolare il metodo indiretto prevede che “(…) i contributi sono portati indirettamente a riduzione del costo in quanto imputati al conto economico nella voce A5 “altri ricavi e proventi”, e quindi rinviati per competenza agli esercizi successivi attraverso l’iscrizione di “risconti passivi”.

In merito all’obbligo di informativa l’OIC 16 ricorda che “(…) il numero 9, comma 1, dell’art. 2427 del codice civile richiede che si dia conto nella nota integrativa degli eventuali gravami esistenti sulle immobilizzazioni (ipoteche, privilegi, pegni) nonché delle restrizioni o dei vincoli al libero uso dei cespiti in virtù dei contributi pubblici ricevuti” .

L’unico vincolo connesso a tale credito concerne l’uso del bene a cui si riferisce. In particolare se il bene su cui matura il credito viene ceduto, destinato a strutture ubicate all’estero o perde i requisiti tecnici (questo per i crediti industria 4.0), entro il secondo anno successivo all’entrata in funzione del bene, l’agevolazione viene meno e il credito d’imposta eventualmente utilizzato deve essere restituito. Il requisito dell’interconnessione deve essere garantito per tutto questo periodo di “osservazione”. Tali considerazioni ovviamente valgono anche per il credito d’imposta così come “prorogato” dall’art. 1, commi 1051-1063, della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021). Ci sono comunque dei casi per i quali non opera questa restituzione (che ricordiamo avviene senza “costi aggiuntivi”, ovvero senza pagamento di alcuna sanzione). In particolare se il bene viene ceduto, ma sostituito, se è oggetto di affitto d’azienda oppure se la delocalizzazione del bene è solo temporanea.

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