Con la risposta all’interpello n. 305 del 3 settembre 2020, l’Agenzia delle entrate ribadisce quanto stabilito con la Circolare 12 del 2020: nel regime delle prove per le operazioni UE è sempre valida la prassi nazionale, se non è applicabile il regolamento UE.

Caso

L’istante è società attiva in Italia nel settore della grande distribuzione di vendita al dettaglio di prodotti non alimentari. La Società deve effettuare cessioni intracomunitarie di beni ex articolo 41 del Decreto Legge n. 331 del 1993, con clausola "franco fabbrica," a soggetti passivi stabiliti in altri Stati membri che ne curano il trasporto a partire dal predetto punto vendita. L'istante precisa che le cessioni in commento, vista talvolta l'esiguità dell'importo, potrebbero essere anche pagate tramite sistemi di pagamento non tracciabili (ad esempio, tramite denaro contante, entro i limiti di legge).

Le soluzioni prospettate

In alternativa agli elementi di prova indicati nell'articolo 45-bis del Regolamento UE, l’istante ritiene di poter optare per due diversi “comportamenti”.

A) Prima soluzione

Il cedente consegna la merce al cessionario acquisire, e contestualmente, acquisisce una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (che viene allegata all’istanza), nella quale il cliente estero dichiara di essere soggetto passivo IVA nel paese UE di arrivo dei beni e di essere in grado di trasferire con mezzi propri i beni fino alla destinazione. Il cedente emette fattura non imponibile ex articolo 41 DL 331/1993 e conserva la documentazione (dichiarazione, elenchi Intrastat, documentazione bancaria)

B) Seconda soluzione

Il cedente emette fattura imponibile ex art. 2 del DPR 633/79. Il cedente poi acquisisce la conferma dell'avvenuto trasferimento tramite “(…) dichiarazione scritta da parte del cessionario, nella quale si chiederà di indicare espressamente che le merci relative alle fatture sono regolarmente pervenute presso il deposito/negozio/sede (…)” con l’indicazione della data. Si procede allo storno della fattura imponibile iva con nota di credito ex articolo 26 del DPR 633/1972 e all'emissione di una nuova fattura, ex articolo 41 del DL 331/1993. Questa documentazione, unitamente agli elenchi Intrastat e alla documentazione bancaria di pagamento viene conservata.

La normativa

Il Regolamento d’esecuzione UE 2018/1912 del 4 dicembre 2018 ha modificato il Regolamento UE n. 282/2011, introducendo il nuovo articolo 45-bis in materia di elementi di prova, idonei a dimostrare che i beni sono stati trasferito in altro Stato membro della UE. Le novità introdotte sono in vigore dal 1 gennaio 2020. Con la circolare 12 del 13 maggio 2020 l’Agenzia specifica che in tutti i casi in cui l’operatore non sia in possesso della documentazione prevista dalla norma comunitaria, vale “la possibilità di dimostrare con altri elementi oggettivi di prova che l'operazione sia realmente avvenuta”, trovando “(…) applicazione la prassi nazionale (…)”. Si vede sull'argomento l’articolo pubblicato il 21 maggio 2020 dedicato alla Circolare 12/2020 dell’Agenzia delle Entrate “Prova delle cessione Comunitarie: l'Agenzia prende posizione e chiarisce l'utilizzo della norma italiana. Continuano ad essere utilizzabili le prove previste dalla norma italiana”.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate

Le due soluzioni prospettate dall’istante non possono essere applicate. Di per se entrambe le due soluzioni, se pur divergerti dalla tipologia di prove indicate dall’art. 45-bis del regolamento UE, non sono in contrasto con tale norma visto che “(…) l'articolo 45-bis in commento (…) non preclude agli Stati membri l'applicazione di norme o prassi nazionali ulteriori in materia di prova delle cessioni intracomunitarie, eventualmente più flessibili della presunzione prevista dal Regolamento IVA (cfr. par. 5.3.2)”. Il problema è che “(…) i mezzi di prova proposti dall'istante non appaiono coerenti con le indicazioni fornite dall'Amministrazione nei precedenti documenti di prassi, in quanto dagli stessi non sembra ricavarsi, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito dallo Stato del cedente a quello dell'acquirente (cfr. risoluzione 24 luglio 2014, n. 71/E)”. In ogni caso l’Agenzia con tale risposta non vuole pregiudicare “(…) ogni valutazione dell'effettivo set documentale in possesso del contribuente, che potrà essere effettuata in concreto nell'ambito dell'attività di controllo”. Tuttavia, la soluzione B non viene condivisa all’Agenzia, poiché l’incertezza concerne i mezzi di prova e “(…) non alla sussistenza dei requisiti astratti cui è subordinata la qualificazione dell'operazione come cessione intracomunitaria”. Inoltre, “(…) l'istante non può avvalersi dell'emissione della nota di variazione in diminuzione, a cui si ricorre solo nei casi espressamente previsti dal legislatore, tra i quali non rientra l'ipotesi prospettata”.

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