Il caso

Una società aveva presentato in data 31 maggio 1990 la dichiarazione dei redditi nella quale aveva riportato un credito d’imposta di lire 352.955.000, indicandolo erroneamente nella riga “Credito da riportare nella dichiarazione successiva”. Il credito non era mai stato utilizzato nella successiva dichiarazione ed era stata presentata in data 29 marzo 1994 istanza di rimborso.

Di fronte all’inerzia dell’agenzia la società aveva sollecitato la restituzione con successive istanze del 18 dicembre 1996, del 16 marzo 2001, del 19 gennaio 2003 e del 2 febbraio 2007. Infine, la società aveva presentato ricorso dinnanzi alla commissione tributaria provinciale avverso il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate. La ricorrente nel ricorso sottolineava che l’Agenzia delle Entrate, “(…) in evasione dell’istanza del 2 febbraio 2007, aveva respinto la richiesta perché non presentata entro il termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38” . In primo grado i giudici rigettavano il ricorso ritenendo non dovuto il rimborso “(…) perchè non presentato nel termine prescritto dall’art. 38 cit.(…)”.

La Commissione regionale, invece, in riforma della sentenza impugnata dalla società, affermava che “(…) il credito dovesse essere rimborsato, ritenendo applicabile il termine di prescrizione decennale e considerando la istanza del 29 marzo 1994 e quelle successive validi atti interruttivi del termine di prescrizione; osservava, inoltre, che la L. n. 350 del 2003, pur attribuendo una mera facoltà agli uffici, non potesse da questi essere ignorata”. 

La società presentava ricorso per cassazione. 

La Sentenza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 16630 del 4 agosto 2020, ricorda che “(…) nel caso in cui un’eccedenza di versamento d’imposta non sia stata chiesta a rimborso, ma sia stata riportata in dichiarazione dei redditi ai fini del computo in diminuzione nella dichiarazione relativa all’anno successivo, e detta compensazione non sia stata poi in concreto utilizzata, il contribuente conserva comunque la facoltà di richiedere il rimborso a norma del richiamato del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, ma pur sempre nell’osservanza della disciplina generale concernente modalità e termini di decadenza applicabili in materia di rimborsi di versamenti diretti”.

L’eccedenza d’imposta “riportata a nuovo”, pertanto, nel caso in cui non sia stata utilizzata, non viene persa, come indicato dall’art. 4, comma 4, del DPR 42/1988 che stabilisce: “se l’eccedenza riportata non è computata in diminuzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo, o se questa non è presentata, il contribuente può chiederne il rimborso presentando istanza all’intendente di finanza del suo domicilio fiscale a norma dell’art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”.

In questo caso (eccedenza di versamento di acconto, riportata ma non computata in diminuzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta successivo) si applica “(…) il termine di decadenza per la presentazione della relativa istanza (…)” poiché “(…) ha portata generale in materia di rimborsi di versamenti diretti (…) sussistendo anche in tal caso il presupposto, richiesto dall’art. 38, dell’inesistenza – sia pure sopravvenuta – dell’obbligo di versamento (Cass. 16090 del 2017 cit.)”.

Pertanto, la società, ai fini del rimborso dell’eccedenza d’imposta versata nell’anno 1989, avrebbe dovuto presentare istanza di rimborso entro il termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

Il termine decadenziale (che oggi è di 48 mesi), si ritiene che debba essere computato dalla data in cui doveva essere versato il saldo (se a debito).

I Giudici, inoltre, dichiarano che le sentenze invocate dalla società (Cass. n. 21734 del 15 ottobre 2014; Cass. n. 22623 del 24 ottobre 2014 e Cass. n. 21735 del 15 ottobre 2014) non sono applicabile al caso di specie. Infatti, si riferiscono al caso in cui il contribuente “(…) abbia riportato il credito d’imposta nella dichiarazione dei redditi senza manifestare la volontà di volerlo computare in diminuzione nelle dichiarazioni successive”. Solo in tale caso “(…) l’evidenziazione del credito d’imposta costituisce già istanza di rimborso che tiene luogo di quella di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 (…)”. Decorre, da questo momento, “(…) il termine di prescrizione decennale per l’esercizio dell’azione dinanzi al giudice tributario (…)”.

In altre parole, la domanda di rimborso è incorporata nel rigo del quadro RX (se l’importo è riportato nella casella dedicata al rimborso) ed è idonea alla formazione del silenzio-rifiuto.

La diversa posizione della Cassazione in precedenti sentenze.

Si deve ricordare che la Cassazione non ha espresso nel corso degli anni un unico parere in materia.

La sentenza della Corte di Cassazione n. 17976 del 4 luglio 2019 (che per altro richiama la sentenza 21788 del 7 settembre 2018) su una fattispecie simile a quella in oggetto, osserva che "in tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d'imposta non trova applicazione, ai fini del rimborso del relativo importo, il termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, bensì l'ordinario termine di prescrizione decennale, non occorrendo la presentazione di un'apposita istanza, in quanto l'Amministrazione, resa edotta con la dichiarazione dei conteggi effettuati dal contribuente, è posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria",

Pertanto, “(…) avendo il contribuente esposto il proprio credito tributario nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno 1992, poichè tale dichiarazione assumeva anche la valenza di presentazione di un'istanza di rimborso, non operava il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, rimanendo la richiesta di rimborso soggetta all'ordinario termine decennale di prescrizione dei diritti, indipendentemente dal fatto che il contribuente non abbia provveduto, per scelta o per errore, a domandare la compensazione del credito tributario con il debito d'imposta in occasione della presentazione della successiva dichiarazione dei redditi. Il ricorrente, pertanto, ha presentato tempestivamente la sua istanza di rimborso”.

In altre parole, si potrebbe affermare che, indipendentemente dalla scelta effettuata nel quadro RX, la semplice indicazione nella dichiarazione del credito si “sostituisce” all’istanza ex art 38 del DPR 602/73

Sicuramente tale interpretazione è in linea con la norma. In particolare con l’art. 36-bis del DPR 600/73 (l’Amministrazione Finanziaria provvede al rimborsi derivanti da dichiarazione) e con l’art. 41 del DPR 602/73 (i secondo il quale il rimborso di cui all’art 36 bis è eseguito d’ufficio).